Un tempo molto lontano, quando la terra di Sardegna era abitata dai nostri progenitori, nel territorio oggi ricedente nella zona limitrofa ad Asuni, vivevano due comunità principali e due secondarie. Le comunità principali erano ubicate, una in una zona tra Carupixidu e Geradda, l’altra tra Budraga e Pedrefà. Le altre due comunità più piccole erano una tra Carupiscidu e Is Argiolas, l’altra trà Pedrefà e Etzara. Queste zone non erano state scelte a caso, anche in quella lontana epoca, come oggi, erano zone rocciose e senza vegetazione alcuna, il nemico più temuto dalle popolazioni di allora era il fuoco, un mezzo semplice ma efficace per distruggere i propri nemici, ma quei due villaggi non potevano essere distrutti con il fuoco. A meno ché gli aggressori non riuscissero a entrare dentro il villaggio, costituito da capanne di frasche addossate alle grotte, ma questo non era affatto semplice anche perché erano in posizione dominante ed anche negli immediati dintorni il terreno non aveva nascondigli di sorta. Ma soprattutto, i due villaggi più grandi, così come i due più piccoli, godevano della protezione delle Janas. Anzi, diciamo che la protezione era reciproca, in quanto le piccole fate abitavano dentro le loro piccole case scavate nella roccia, praticamente al centro dei villaggi, quindi gli abitanti davano loro protezione fisica ed in cambio le Janas intercedevano per loro presso gli Dei. La loro funzione non era meramente “spirituale”, ma erano anche le custodi delle antiche ricette delle medicine tratte dalle erbe curative. Inoltre venivano consultate per dirimere controversie interne alla collettività, non erano, invece, granché ascoltate nelle questioni che riguardavano le controversie con altre comunità che in molti casi sfociavano in conflitti che potevano durare anche molti anni e procurare danni e lutti. I due villaggi più grandi contavano circa sessanta persone ciascuna facenti capo a quattro clan o famiglie allargate, i quattro capi clan di ciascun villaggio costituivano il consiglio che eleggeva il capo dei clan che governava le genti di ciascuna comunità . Vivano in massima parte di caccia, pesca e della raccolta dei frutti spontanei che la natura offriva, gli scontri con le altre comunità avvenivano proprio a causa della competizione per procurarsi il sostentamento. Le due comunità più piccole, che erano neutrali in quanto commerciavano con entrambi, erano composte da un solo clan per non più di 12 persone, avevano una funzione sussidiaria delle altre due che consisteva soprattutto nella custodia delle due maggiori sorgenti presenti nella zona d’influenza delle comunità più grandi, inoltre erano abilissimi nella lavorazione dell’ossidiana, della selce e della creta oltre che nella lavorazione delle pelli. Anche loro godevano della protezione delle Janas che abitavano le grotte scavate nel tufo, ma nel caso loro, più che a dirimere controversie il loro compito era quello di stimolare la creatività delle due piccole comunità che avevano rapporti anche commerciali, oltre che con le due comunità più grandi anche con gli inviati di altre comunità lontane che si recavano da loro per degli scambi. Vivevano in pace con tutti e grazie alla loro maestria, con i loro scambi riuscivano campare bene anche senza cacciare o pescare, solo di rado, quando gli impegni glielo consentivano raccoglievano i frutti e le erbe spontanee. La rivalità tra la comunità di Budraga e quella di Geradda era atavica, da sempre si contendevano parte del territorio e di tanto in tanto, organizzavano delle vicendevoli spedizioni punitive soprattutto contro piccoli gruppi di cacciatori che a parere loro invadevano territori che ricadevano nel loro ambito di caccia. Questo non accadeva per la raccolta dei frutti e delle erbe che in massima parte avveniva nei pressi dei villaggi, così pure per la pesca, perché era abbastanza semplice stabilire dei confini e magari tollerare qualche piccolo sconfinamento, ma nella pratica della caccia questo non era possibile, una volta che la preda era stata stanata e magari braccata per chilometri, non si poteva interrompere l’inseguimento e la probabile cattura per dei confini ipotetici. Così accadeva da sempre, così come da sempre capitava che qualche gruppo di cacciatori tornasse senza preda e a volte anche con qualche uomo in meno, così l’odio tra le due comunità si manteneva costante alimentato da questi sporadici ma costanti fatti di sangue. Finché un bel giorno Nor, il più giovane dei tre figli del capo clan del villaggio di Budraga, recatosi al piccolo villaggio di Sa Grutta per scambiare pelli di cervo, mentre si dissetava nella sorgente custodita dentro una grotta, si imbatté in una fanciulla stupenda, era Lena, l’unica figlia del capo clan del villaggio di Carupixidu. Fù un vero e proprio colpo di fulmine, anche Lena non era indifferente alla prestanza del giovane Nor, ma quando scoprirono, l’uno chi era l’altra, si sentirono cadere il mondo addosso, mai le loro comunità e soprattutto i loro padri avrebbero accettato di vedere i due giovani uniti. Ciò nonostante, data anche la loro bontà d’animo, con l’aiuto anche delle Janas, continuarono a vedersi, soprattutto nella fonte di Sa Grutta, dove le Janas praticavano i loro riti sacri e nessuno poteva accostavisi senza prima avere il loro consenso. Questo in una certa misura garantiva i due giovani che continuavano comunque a incontrarsi pur con il timore di essere scoperti, cosa che avvenne quando il padre di Nor, volle seguirlo per capire per quale motivo voleva essere sempre lui ad andare al villaggio di Sa Grutta per scambiare le pelli di cervo o la carne degli stessi animali in cambio dell’ossidiana, della creta o delle pelli lavorate. Quando vide suo figlio in compagnia della bella fanciulla se ne compiacque, poi qualcuno tremando gli disse chi era quella fanciulla e si sentì ribollire dentro, non poteva più essere suo figlio colui il quale si accompagnava alla figlia del suo più odiato nemico !. Ciò nonostante, decise di concedere il perdono a Nor purché questi promettesse di non incontrare più quella donna, Nor era troppo innamorato di Lena e non poteva fare al padre una promessa che non avrebbe mai potuto mantenere. Il fatto venne a conoscenza anche del padre di Lena ed anch’egli, in cambio del perdono, visto che era la sua unica figlia, le chiese di promettergli che non avrebbe mai più visto il figlio del peggiore nemico della sua gente. Sia Lena che Nor caddero in un profondo stato di prostrazione, nonostante supplicassero i propri padri di fare cessare lo stato di belligeranza tra i due villaggi, in modo da poter coronare il loro sogno, non ottennero risultato alcuno, anzi, i due padri, ciascuno per proprio conto, decisero di rivolgersi alle Janas chiedendo che facessero un sortilegio ai propri figli affinché l’uno dimenticasse l’altra. Ovviamente le Janas rifiutarono, loro erano fate buone mica delle streghe, o per meglio dire delle Coghe, così si chiamavano allora le streghe. Non solo, le Janas dei quattro villaggi minacciarono pure che se fosse stato fatto del male ai due innamorati tutte le comunità ne avrebbero pagato le conseguenze. Con questo loro speravano che l’unione tra i due giovani avrebbe messo finalmente fine all’eterna guerra tra i due villaggi che portava solo morte e distruzione. Questo non fece cambiare idea ai due capi clan, quindi prima l’uno poi l’altro, andarono trovare una delle Coghe più cattive della zona che abitava nella grotta grande di Ortinconi con la sola compagnia di due civette (cuccumeus). Ciascuno dei due capi clan voleva la stessa cosa, impedire che i due giovani potessero più incontrarsi, anzi che non si muovessero più dal proprio villaggio e questo ottennero dalla Coga, entrambi furono pietrificati sul posto, Lena da quel giorno prese il nome che ancora oggi conosciamo come “Su quaddu de budraga”, Nor, invece, venne chiamato da allora in poi “Su quaddu de geradda” ed effettivamente da allora non poterono più incontrasi. Le Janas dei quattro villaggi decisero che la punizione promessa doveva essere comminata e convennero che una collettività che non riusciva a rispettare neppure l’amore di due giovani non meritava più la loro presenza e scomparvero per sempre lasciando le loro casette scavate nella roccia desolatamente vuote. Gli abitanti dei quattro villaggi senza più la protezione ed i saggi consigli delle Janas nel volgere di poco tempo scomparvero anche essi. La Coga di Ortinconi, dapprima di beò del risultato ottenuto, poi incominciò ad annoiarsi perché nessuno andava più a trovarla per chiederle di intervenire con qualche malefatta, per cui un bel giorno decise di tramutare l’unica sua compagnia, la coppia di civette, in persone e fù così che la coppia di ex Civette ottenne di andare ad abitare sulla cima della collina che domina sia Budraga che Carupixidu, la collina che oggi si chiama di “Santu Juanni”. L’impegno che presero con la Coga era che prima loro e poi i loro discendenti avrebbero dovuto recarsi da lei almeno una volta all’anno per chiedere il suo intervento malefico, in caso contrario sarebbero di nuovo diventati Cuccumeus. Per fortuna le ex civette ed i loro discendenti, sia quando abitavano sul colle di “Santu Juanni” che quando scesero ad abitare più in basso nel paese che ora si chiama Asuni, sfidando la Coga di Ortinconi non andarono mai più a trovarla e per contro, anche il maleficio della Coga produsse i suoi effetti, tant’è che ancora oggi gli Asunesi vengono chiamati Cuccumeus.
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