Religiosità e Magia - Asuni, tempus antigus: tra religiosità e magia |
Scritto da Fortunato Loi | |||||||
Sabato 01 Agosto 2009 13:35 | |||||||
Pagina 2 di 5 2 - Malocchio, Spavento, Paure Sa mexia de s’ogu liau - Malocchio Ogni paese della Sardegna aveva almeno una donna che praticava “sa mescina del s’ogu liau” esso veniva praticato più o meno segretamente in quanto avversato dai preti perchè ritento un rito blasfemo, ma ciò non impediva alla quasi totalità della popolazione, all’occorrenza di farvi ricorso. Secondo la credenza si poteva essere colpiti da malocchio anche involontariamente, bastava una lode, un gesto di ammirazione, che ogni persona normale poteva “ghettai s’ogu”(colpire di malocchio). Tanto era la credenza nel malocchio che le donne appena nasceva un figlio lo facevano toccare da tutti coloro che lo guardavano, adottando la scusa di tenerlo in braccio. Un modo di scongiurare il malocchio era quello di sputargli in testa. Se tra tutti i visitatori c’era qualcuno, secondo la madre, che era capace di “ghettai s’ogu” (colpire di malocchio) appena questo si voltava, la madre sputava per terra tre volte per annullare il sortilegio. Altro modo per non “ghettai s’ogu” (colpire di malocchio) era quello di toccare la persona a cui si faceva il complimento e si diceva la formula “po non ti ghettai ogu”(per non colpirti di malocchio) oppure la formula “chi Deus du conservidi” (che dio lo conservi). La credenza popolare per proteggersi dal malocchio aveva prodotto svariati tipi da “scrappollarius” (amuleti) di varia forma e potenza. Essi per essere efficaci contro il sortilegio dovevano essere benedetti con “is brebus”, (preghiere) che “is cogas o is bruxius” recitavano in segreto; non potevano ricevere denaro per l’esecuzione del rituale. Consegnavano l’amuleto con la formula “ti srebada po saludi” (ti serva per salute), il destinatario rispondeva “Deus ti du paghidi” (Dio ti ripaghi), se questo rituale non veniva rispettato si annullava l’efficacia dell’amuleto. “Is brebus”(preghiere) per essere efficaci, come detto, dovevano essere recitati in segreto, però in casi particolari venivano recitati ad alta voce. Ne riporto alcuni che sono stati tramandati:
1 Deus e sa Vergine Maria Dio e la Vergine Maria
2 O predi, o sagrestañu O prete, o sacrestano
3 Gesusu, Santu Carmine Gesù, Santo Carmine
Altro modo per togliere il malocchio era quello di farsi fare “s’aqua e likorniu”. Di questo rito ne esistono varie versioni, Ricordo da ragazzino che un estate, attraversai un periodo di spossatezza, poca voglia di fare qualsiasi cosa, quindi, mi portarono, nel quartiere di Montigu, dove abitava una donna, di cui non ricordo più il nome, che praticava “sa mexia de s’ogu liau”. Entrati nella cucina, fece allontanare le figlie che svolgevano le faccende domestiche, quindi prese un bicchiere e vi versò dell’acqua che disse prelevata dall’acquasantiera della chiesa, ripeté per tre volte la formula “ deu acqua ti battiu in nomini de Deus e de Santu Juanni Battista” (io acqua ti battezzo in nome di Dio e San Giovanni Battista) tracciando continue croci nell’aria, sul bicchiere d’acqua e su di me. Nel mentre sui chicchi di grano si depositarono delle bollicine e questo era segno della presenza del malocchio, per cui mi fecero bere l’acqua. Guardando i chicchi di grano: disse “ A su piccioccheddu ddadi gettau ogu uña femmina chi non teñidi fillu” (al ragazzo gli ha fatto il malocchio una donna che non ha figli). Non ricordo nessun cambiamento se non dopo la visita e delle cure prescrittemi dell’allora medico condotto dr. Armando Corona.
S’assichidu – Spavento Lo spavento era credenza che potesse essere allontanato in due modi, sia attraverso “imbruscinadura” sia con “is affumentus” Da ragazzini ci recavamo spesso a “su ponte de Tintinnau” (ponte di Tintinnau) a “giogai a cullu tira tira” ( a giocare a scivolare sul fondo dei pantaloni). Il gioco consisteva nello scivolare lungo la scarpa del ponte poggiando il fondo dei pantaloni sulla liscia pietra di rivestimento, quest’operazione veniva ripetuta più volte e spesso il fondo dei pantaloni si bucava. Un giorno caddi rovinosamente durante il gioco e rientrai a casa completamente sporco, con le ginocchia, gomiti, guance, completamente sbucciate. “Pariu un proceddeddu fattu in sanguni” (sembravo un maialino macellato immerso ne sangue). Quando mi videro sostennero che mi ero sicuramente spaventato, in effetti avevano ragione ma lo spavento era quello di non prendere le botte, che meno male non arrivarono. La notte non chiusi occhio per il dolore delle ferite, ero tutto un gonfiore. Quando all’indomani le comari del vicinato mi videro: “ a su piccioccheddu toccada du ibruscinai” (al ragazzino bisogna praticarli in rito de s’imbruscinadura) , mi portarono nel luogo dell’incidente ad eseguire il rito “de s’imbruscinadura”. Mi fecero rotolare per tre volte a formare una sorta di croce recitando il Credo ed una formula che ricordo ancora : chi esti umbra de bìu, nci torridi de innui nd'esti bessiu; chi esti umbra de mottu, nci torridi innùi fuidi attottu. (se è ombra di vivo, ritorni da dove è uscito; se è ombra di morto, ritorni dov'era). Il medico in quei giorni non venne, la condotta era costituita da Asuni, Nureci, S.Antonio Ruinas (oggi Villa Sant’Antonio), Assolo e la sede di residenza Senis, per cui il medico a rotazione si recava ogni giorno in un paese diverso, salvo per casi urgenti. Il mio gonfiore non diminuiva e quindi altro conciliabolo di comari, e via dalla signora di Montigu a farmi “s’affumentu”. La “coga” prese una tegola vi depositò della brace prelevata dal camino vi versò una foglia di palma benedetta, e dei fiori prelevati dalla processione del Venerdì Santo, quindi mi misero un asciugamano in testa, in ginocchio, mi fecero respirare il fumo che proveniva dalla tegola, mentre la “coga” recitava sottovoce “is rebus”: chi esti umbra de bìu, nci torridi de innui nd'esti bessiu; chi esti umbra de mottu, nci torridi innùi fuidi attottu. (se è ombra di vivo, ritorni da dove è uscito; se è ombra di morto, ritorni dov'era). Siccome questo trattamento lo ripeterono per tre giorni consecutivi, sempre all’ora dell’incidente, al terzo giorno il gonfiore era sparito naturalmente e anche perché si erano formate le croste sulle ferite.
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Ultimo aggiornamento Mercoledì 02 Settembre 2009 00:21 |