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Religiosità e Magia
Religiosità e Magia - Asuni, tempus antigus: tra religiosità e magia PDF Stampa E-mail
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Scritto da Fortunato Loi   
Sabato 01 Agosto 2009 13:35
Indice
Religiosità e Magia
Malocchio, spavento, paure
Durante i temporali
S'accabadora e s'ammutadori
Animali della mitologia popolare e filastrocche
Tutte le pagine

3 – Animali della mitologia popolare

 

Nelle fredde serate d’inverno a casa si cenava intorno alle diciotto, finita la cena ci si sedeva vicino al camino.

Il camino era abbastanza ampio tanto che noi piccoli sedevamo all’interno lateralmente in “is scannisceddus” (sgabellini) mentre gli adulti sedevano all’esterno su “is scannus”

Per passare l’ora, fino ad andare a letto, ci intrattenevano con “istorias ocontus de forredda” (favole) che venivano inventate dal narratore ma che comunque si basavano su fatti della tradizione popolare.

Particolarmente brava a raccontare le “istorias ocontus de forredda” (favole), era una vecchia, tzia  Michella, che abitava vicino a noi, tanto da esser contesa dai piccoli del vicinato.

Quasi tutte le sere veniva a casa dopo cena, viveva da sola, era vedova, e quindi passava alcune ore in nostra compagnia ad intrattenerci con le favole.

Privilegiava articolare i suoi racconti tessendo la fiaba intorno agli animali mitici della credenza popolare : “Muska Maccedda”,  “Arxia fiuda o bagadia”,  “Espi Forra(n)ia”, “Sa Stria”, “Su colluro pillonaxriu”.

 

Muska Maccedda – Mosca mitologica

Raccontava, tzia Michella, che il Castello di  Medusa in antichità fosse abitato de “su Rei Origas de Molenti, (Re orecchie d’asino), che fosse molto potente e ricco, che possedesse ingenti quantità di pietre preziose, oggetti d’oro e d’argento, racchiuse in identiche grandi casse di legno e ferro.

Il re per proteggere il suo tesoro  riempì, una delle casse, di muska maccedda e la confuse con le altre.

Se qualcuno avesse portato via il tesoro ed avesse aperto la cassa contenente lo sciame della “muska maccedda”, lo sciame avrebbe distrutto il paese ed ammazzato tutti gli abitanti.

Per cui non saremmo mai dovuti andare alla ricerca del tesoro e se ci fossimo imbattuti casualmente  nel tesoro de “su rei origas de molenti” (Re orecchie d’asino)  non bisognava toccarlo per il pericolo di liberare “sa muka maccedda” che era grande come una pecora, aveva ali enormi  ed un pungiglione che con una sola puntura ammazzava qualsiasi essere vivente..

 

S’Arxia o Arxiara  – Ragno o Tarantola (vedova nera)

      S’arxia è un insetto velenoso somigliante al ragno, di colore nero o bianco,  che a differenza del ragno ha il nido sotto terra in zone erbose.

E’ l’unico animale velenoso presente in Sardegna e su tale insetto la credenza popolare ha fantasticato ed escogitato antidoti che variano nelle diverse zone dell’isola.

Secondo la credenza popolare quelle bianche sono le “bagadias” (nubili), quelle nere sono le “fiudas” (vedove).

Il morso dell’insetto causava un malessere tale da far cadere in delirio per tre o quattro giorni; in tale periodo l’ammalato a causa dello stato delirante  avanza strane richieste in base alle quali si poteva risalire a tipo di “arxia” che l’aveva pizzicato.

Se chiedeva di essere vestito di banco, o se chiedeva un suonatore ed una ragazza per ballare, sicuramente era stato morso da una “arxia bagadia”,allora si vestiva l’infermo di bianco, si chiamava un suonatore e delle ragazze che ballavano.

Se invece l’infermo chiedeva di essere vestito di nero o piangeva a mo di “attitu” “canto eseguito dalle donne “attitadoras” in presenza del morto”, ciò era segno che era stato morso da una “arxia fiuda”, allora si chiamavano “is attitadoras” che eseguivano il rituale.

 

Sa Stria” – Il Barbagianni

Sa stria” (barabaguanni), sempre secondo i racconti di tzia Michella, era un’ambasciatrice di morte e di disgrazia, essa si posava sul cammino della casa dove da lì a poco sarebbe stata colpita  da un lutto.

 

Espi Forra(n)ia – Vespa muratora.

  “Espi Forra(n)ia” costruisce l’alveare interrato, forma una numerosa comunità, particolarmente agguerrita.

Ricordo che ne esisteva una comunità in “s’aziada de Santu Juanni” che nonostante tentassero di eliminarle accendendo dei fuochi all’imboccatura dell’alveare, perché pericolose nel periodo caldo, non riuscivano ad eliminarle.

 Penso che le abbiano eliminate quando hanno eseguito i lavori di allargamento della sede viaria.

Era credenza popolare che se si venisse pizzicati da cento vespe si sarebbe morti, per cui si passava alla larga dal rumoroso alveare delle vespe.

 

Su colloru pillonaxriu – Biacco di colore nero

Nel periodo estivo “in su mesi de treullas”, (mese della mietitura - luglio), le mogli accompagnavano i mariti nel lavoro di mietitura  svolgendo l’attività di “spigadoras” (spigolatrici), cioè raccoglievano quelle poche spighe che sfuggivano al mietitore.

Spesso portavano appresso bambini da allattare, che venivano lasciati all’ombra di un albero in un cesto.

Essi venivano sorvegliati continuamente da un ragazzino perché si aveva paura che “Su colloru pillonaxriu” (la biscia) attirata dall’odore del latte emanato dal bambino tentasse di infilarsi in bocca e lo soffocasse.

Quando andavamo a cercare gli uccellini nei nidi, subito dopo la schiusa delle uova, spesso trovavamo un uovo non schiuso, era credenza che esso fosse per “Su colloru pillonaxriu “ (la biscia) affinché  non si mangiasse gli uccelletti indifesi.

Le bisce erano di colore scuro, si trovavano in prossimità di fonti o di abbeveratoi, spesso si vedevano in copia e se venivano disturbate molte volte attaccavano dando colpi di frusta con la coda. Anche su di loro si imbastivano favole e “contus de forredda”.

 

 

4 – Filastrocche

In particolar modo durante le serate invernali, i genitori tenendo i bambini sulle ginocchia cantavano e recitavano le filastrocche.

 

Prendendo la mano del bambino si indicava ogni dito della mano :

 

Kustu è su procu                            (Pollice)                     questo è il maiale

Kustu dd’ mortu                             (Indice)                      questo l’ammazzato

Kustu ddadi abbruschiau                 (Medio)                      questo l’abbrustolito

Kustu si dda pappau                       (Anulare)                    questo l’ha mangiato

Kustu  mancu un inconeddu             (Mignolo)                    a questo neanche un pezzettino

Ca ddadi iscoviau                                                            perché ha fatto la spia

 

Tenendo il bambino sulle ginocchia :

 

 

Maria Luisa                                                                            Maria Luisa

Maria Luisa                                                                            Maria Luisa

tottu sa notti                                                                         tutta la notte

baddendi in camisa                                                                 ballando in camicia

tottu sa notti                                                                         tutta la notte

addendi in gippoñi                                                                  ballando in gilet

Maria Luisa                                                                            Maria Luisa

pittiri  doi                                                                              pittiri  doi

 

 

 

Duru duru duru                                                            Duru duru duru

duru duru dai                                                              duru duru dai

sa pipia nosta                                                             la nostra bambina

non si moxra mai                                                         non muoia mai

mellus ki si moxra                                                        meglio che muoia

bacca cun vitella                                                          vacca con vitella

ka sa vitella si dd’eus a pappai                                      che la vitella la mangeremmo

a sa pipia dd’eus a koiai                                               la bambina la mariteremo

kun du fillu de arriccu                                                   con un figlio di ricco

kun issu, kun issu ka teñi dinai                                      con esso con esso che ha denaro

kun issu, kun issu ka teñi moneda                                  con esso con esso che ha moneta

e dd’eus a fai crappitas de seda                                     e le faremmo scarpe di seta

e gippoñi de arroba de valori meda                                 e gilet di stoffa preziosa

duru duru duru                                                             duru duru duru

duru duru dai                                                               duru duru dai

 

 

 

Mamaiolla mamaiolla                                                     Coccinella Coccinella

bai a Kasteddu solla solla                                               vai a Cagliari sola sola

bettimì un aneddu                                                          portami un anello

un aneddu po’ isposai                                                     un anello per sposarmi

kun  ki m’appu a koiai                                                     con chi mi sposerò

kun su fillu de un arriccu                                                  con un figlio di ricco

ma ki potada denti de procu                                             ma che ha denti di maiale

ma ki potada denti de cañi                                               ma che ha denti di cane

mamaiolla, mamaiolla pesadi a bollai                                coccinella, coccinella vola via

 

 

 

Annixedda, Annixedda                                                       Annetta, Annetta

Soña, soña sa campanedda                                                suona, suona la campanella

Sonadda a forti a forti                                                       suonala forte forte

Ka s’intendidi in corti                                                        che si senta in periferia

In corti de Ortueri                                                             in periferia di Ortueri

Bella mia pivieri                                                                mia bella pivieri

Bella mia incarnada                                                           mia bella incarnata

ai nui ses andada                                                              dove sei andata

a fai de regina                                                                  a fare la regina

regina e corpu santu                                                          regina di corpus domini

ka s’intendidi un prantu                                                      perché si sente un santo

un prantu de dolori                                                            un pianto di dolore

ka è mortu su Signori                                                         che è morto Gesù Cristo

è mortu e interrau                                                             è morto e sepolto

e uña  litteredda ki m’anti  mandau                                      e una letterina che mi hanno invito

e uña    litteredda beñ’iscritta                                             e una letterina ben scritta

su soñu de sa trumbitta                                                     il suono della trombetta

su soñu de is cadeñas                                                        il suono delle catene

tres Ave Maria Gratzias Prenas                                            tre Ave Maria Grazia Plena

 

   Fortunato Loi



Ultimo aggiornamento Mercoledì 02 Settembre 2009 00:21
 

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