Ad Asuni, come in tutti i paesi della Sardegna, la religione scandiva ogni azione della vita quotidiana, cosicché ogni attività veniva accompagnata da una preghiera, sia che fosse per ringraziamento, che per chiedere una grazia o per curare una malattia. Ciò non di meno accanto alla religione ufficiale vi era una forma di religiosità tramandata dalla cultura popolare che era una commistione di preghiera e magia. Lo stesso accadeva per la medicina che accanto ai rimedi scientifici venivano eseguiti rimedi tramandati sia attraverso formule magiche che con cure empiriche. Così accanto ai rappresentanti della religione ufficiale e dei medici convivevano “is bruxius” (fattucchieri) e “cogas o maiaxras” (fattucchiere) che si riteneva potessero lenire la sofferenza delle persone con formule magiche e preghiere dette “brebus”. Tale cultura era tanto radicata che alcune formule per la guarigione erano comunemente praticate, mi ricordo di esserne stato sottoposto personalmente quando ero bambino; come pure ricordo alcune preghiere che venivano recitate in momenti di difficoltà o pericolo. Oltre a tali figure, altre due figure godevano di un più alto prestigio “ Su frabotu” e “Sa maista e partus”. “Su frabotu o flabotu” – (flebotomo) Is frabotus erano uomini, raramente donne, dotati di particolari abilità ed esperienza sia nel preparare unguenti o medicamenti fatti di erbe, sia nel ricomporre “scuaddigaduras e trociduras” (slogature) che “intabeddai fratturas”(fasciare fratture). Sa maista de partus” – (Assistente ad parto) “Sa maista de partus”, era una donna, che aiutava le partorienti del paese, essa veniva chiamata alle prime doglie ed assisteva la partoriente fino alla nascita del bambino. Nel periodo del travaglio diventava la direttrice di tutte le operazioni familiari, quali far riscaldare l’acqua per lavare il bambino appena nato, preparare gli asciugamani e lenzuola, sgridare i ragazzini irrequieti, incoraggiare il marito ansioso. 1 - Malattie e rimedi
Dolori e caxiallis – Mal di denti Il mal di denti veniva curato con sciacqui di acquavite o vino bollito. Guroñis – Foruncoli I foruncoli venivano curati con impacchi caldi di “narbixedda” (malva) fatta bollire, sgocciolare e poi pestata con del lardo, oppure applicando una crema ottenuta mescolando assieme del vino con un po' di farina e olio d'oliva Dolori e origas – Mal d’orecchi Il mal d’orecchi veniva curato con impacchi di “poddini” (crusca) calda. Dolori e matza de is pippius – Mal di pancia dei bambini Il mal di pancia dei bambini veniva curato con modi diversi, alcune mamme cospargevano l’ombelico con “tabaccu e nasu” (tabacco da fiuto), altre preparavano una “pippia e zuccuru” imbevuta di acquavite e la facevano succhiare. Questo rimedio lo usavano anche per fare addormentare i bambini. “Sa pippia e zuccuru” era costituita da un involucro di tela contenente dello zucchero, della forma di succhiotto. Dolori e iskina e xiatiga – Mal di schiena e sciatica Venivano curate con “Is bentosas” (le ventose). Esse si fanno appoggiando una moneta rivestita con della stoffa imbevuta d'olio nella parte dolorante, si dà fuoco alla stoffa e la si copre con un bicchiere capovolto. Consumandosi l'ossigeno dentro il bicchiere, la pelle viene tirata facendo così passare il dolore. Dollus – Dolori reumatici I dolori reumatici venivano curati con un impacco costituito da foglioline di “Spinecristi” pestate ed amalgamate a caldo con olio d’oliva e “poddini”(crusca). Si metteva il composto in un “zappulu” (panno) piegato a mo di borsa e si applicava alla parte dolorante. Trociduras – Slogature Le slogature venivano rimesse in sesto dai “is frabotus” . L’arto veniva massaggiato con olio d’olivo caldo e successivamente veniva fasciato stretto. Guroñis de conca e priogu – Pidocchi e relativi foruncoli. La presenza “de priogu” (di pidocchi), cosa comune, oltre al fastidio causato dal prurito causa anche la formazione di foruncoli nella cute. Per disinfestare la testa da “su lindini” (lendini) si realizzava una lozione preparata con i semi di una pianta chiamata “bocci priogu” (ammazza pidocchi - anagiride), i semi simili a piccoli fagioli venivano tostati, finemente macinati e mescolati con olio d’oliva, quindi spalmata in testa. Arramadiu – Raffreddore Il raffreddore dei bambini veniva curato facendo aspirare il fumo prodotto dallo zucchero gettato sulle braci ardenti, mentre gli adulti lo curavano bevendo uno sciroppo ottenuto facendo bollire vino con zucchero. Il vino veniva fatto bollire fino a quando la quantità iniziale si dimezzava. Su Tussi – La tosse La tosse si curava con impacchi di “poddini”(crusca) bollente che si metteva in un sacchetto e poggiato sul petto. Si beveva anche uno sciroppo ottenuto facendo bollire vino con zucchero come per il raffreddore; per i bambini lo sciroppo era costituito da latte e miele, bevuto bollente S’influenzia – Influenza Il rimedio contro l'influenza consisteva nel far mettere al malato la testa coperta con un panno sopra una bacinella piena di acqua bollente, sulla quale era poggiato un setaccio contenente foglie di sambuco e di alloro, quindi si faceva inspirare il vapore. Il malato doveva coricarsi immediatamente e veniva coperto con coperte di lana in modo da sudare abbondantemente. S’abruxiori de istomugu – Ulcera L’ulcera veniva curata facendo mangiare al malato lumache crude, possibilmente “braballucus”. Su Fogu de Sant’Antoñi – Fuoco di Sant’Antonio o Herpes Zoster Un parente, all’insaputa del malato, chiedeva in giro una piccola offerta fino ad avere la somma necessaria per poter pagare la celebrazione di una messa. Su malli ‘e sa faixedda - (Favismo) Su malli ‘e sa faixedda (il fauvismo) è una malattia genetica, ereditaria, ed è dovuta alla mancanza dell’enzima G6PD - glucosio-6-fosfato deidrogenasi - nei globuli rossi del sangue. Oltre che in Sardegna il favismo è diffuso anche in Africa ed in tutto il bacino del Mediterraneo, ossia nelle stesse zone dove l’agente della malaria ha colpito in passato, o colpisce tuttora, le popolazioni. Per curare l’intossicazione da fave si ricorreva a “s'interradura”; l’intossicato veniva sepolto, a mezzogiorno, ora più calda , in su “muntronaxiu” (letamaio), esistente in tutti i cortili. Praticamente veniva avvolto in una coperta e ricoperto dallo sterco dei bovini da lavoro che si tenevano in casa, quindi dopo mezz’ora di questa terapia veniva riesumato e portato in cucina dove gli veniva offerto da mangiare salsicce e lardo con abbondante vino rosso, dicevano, “ca fadiada abbundazia de sanguini” (che facesse rigenerare abbondantemente il sangue). Is Porrus – I porri Sa maxia de is porrus - La medicina per far sparire i porri consiste nel contare tutti i porri e poi fare tanti nodi quanti sono i porri in un filo durante la fase di luna calante, recitare un'Ave Maria, un Padre Nostro e buttare il filo in un luogo ove non passerà mai chi ha i porri. Su Braxiollu – Orzaiolo L'orzaiolo spariva quando veniva (cosìu de is tres Marias) Tre donne chiamate Maria, con le quali non si mai dormito, passano sull'occhio per tre volte un ago con il filo, raffigurando il segno della croce. S’ammuschitadura – Pizzicore di naso o gola causato a un insetto Una minuscolo “Muschittu” (moscerino) nel periodo di marzo-aprile si muove a sciami tra i boschi di lentischio, cisto e la ferula. L’insetto attirato dall’odore del latte durante la mungitura, volando vicino al mungitore emette dei microbi che vengono assorbiti tramite la respirazione. I microbi causano un’infezione alla gola e al naso, facendo accusare pizzicore o prurito. Ai primi sintomi bisognava fare gargarismi con “ascedu e acquadrenti” (aceto ed acquavite) per il pizzicore della gola ed annusare tabacco da fiuto per prurito al naso. Zaccaduras de peis e de mañus – Screpolature della pelle “Sa tramuntaña” (tramontana) era ed è la causa delle screpolature delle mani esposte al freddo, in tempi passati a causa dell’andare spesso scalzi si screpolavano anche i piedi. Il rimedio era costituito da “sungia de pudda”, (grasso di gallina) che ammorbidiva la screpolatura.
2 - Malocchio, Spavento, Paure Sa mexia de s’ogu liau - Malocchio Ogni paese della Sardegna aveva almeno una donna che praticava “sa mescina del s’ogu liau” esso veniva praticato più o meno segretamente in quanto avversato dai preti perchè ritento un rito blasfemo, ma ciò non impediva alla quasi totalità della popolazione, all’occorrenza di farvi ricorso. Secondo la credenza si poteva essere colpiti da malocchio anche involontariamente, bastava una lode, un gesto di ammirazione, che ogni persona normale poteva “ghettai s’ogu”(colpire di malocchio). Tanto era la credenza nel malocchio che le donne appena nasceva un figlio lo facevano toccare da tutti coloro che lo guardavano, adottando la scusa di tenerlo in braccio. Un modo di scongiurare il malocchio era quello di sputargli in testa. Se tra tutti i visitatori c’era qualcuno, secondo la madre, che era capace di “ghettai s’ogu” (colpire di malocchio) appena questo si voltava, la madre sputava per terra tre volte per annullare il sortilegio. Altro modo per non “ghettai s’ogu” (colpire di malocchio) era quello di toccare la persona a cui si faceva il complimento e si diceva la formula “po non ti ghettai ogu”(per non colpirti di malocchio) oppure la formula “chi Deus du conservidi” (che dio lo conservi). La credenza popolare per proteggersi dal malocchio aveva prodotto svariati tipi da “scrappollarius” (amuleti) di varia forma e potenza. Essi per essere efficaci contro il sortilegio dovevano essere benedetti con “is brebus”, (preghiere) che “is cogas o is bruxius” recitavano in segreto; non potevano ricevere denaro per l’esecuzione del rituale. Consegnavano l’amuleto con la formula “ti srebada po saludi” (ti serva per salute), il destinatario rispondeva “Deus ti du paghidi” (Dio ti ripaghi), se questo rituale non veniva rispettato si annullava l’efficacia dell’amuleto. “Is brebus”(preghiere) per essere efficaci, come detto, dovevano essere recitati in segreto, però in casi particolari venivano recitati ad alta voce. Ne riporto alcuni che sono stati tramandati: 1 Deus e sa Vergine Maria Dio e la Vergine Maria Sia ainnanti a sa mañu mia Sia davanti alla mano mia Santu Arroccu e Santu Sebastiañu San Rocco e San Sebastiano Funti fradis carralis, Sono fratelli germani medigadoris de tottusu i malis medicatori di tutti i mali e Santu Antiogu dattori, e Sant’Antioco dottore ndi deppi liai ogna dolu e ognia dolori ti deve levare ogni sofferenza e ogni dolore e sa Santissima Trinidadi e la Santissima Trinità ndi deppi liai ogna dolu e ognia dolori. ti deve levare ogni sofferenza e ogni dolore 2 O predi, o sagrestañu O prete, o sacrestano s’ogu porta bogau togli il malocchio in nomini ‘e sa Madonna, in nome della Madonna in nomini ‘e Sant’Anna in nome di Sant’Anna in nomini e Santu Jacu, in nome di San Giacomo o predi, o sagrestañu o prete, o sacrestano s’ogu porta bogau. togli il malocchio 3 Gesusu, Santu Carmine Gesù, Santo Carmine in fattu a Santa Susanna, dietro a Santa Susanna Santa Susanna in fattu a Sant’Anna, Santa Susanna dietro a Sant’Anna Sant’Anna in fattu a Santa Maria, Sant’Anna dietro a Santa Maria Santa Maria in fattu a Gesusu. Santa Maria dietro a Gesù Custu ogu pigau questo malocchio non bengeda mai prusu, non ritorni più non torridi prusu cust’ogu pigau non torni più questo malocchio a Gesusu dd’apu arracumandau a Gesù l’ho raccomandato a Gesusu arracumandau dd’apu. a Gesù raccomandato l’ho In nomini de su Babbu, in nome del Babbo de su Fillu del Figlio e de su Spiritu Santu. e dello Spirito Santo Po sa passioñi per la passione e sa moti de Gesu Cristu e la morte di Gesù Cisto Altro modo per togliere il malocchio era quello di farsi fare “s’aqua e likorniu”. Di questo rito ne esistono varie versioni, Ricordo da ragazzino che un estate, attraversai un periodo di spossatezza, poca voglia di fare qualsiasi cosa, quindi, mi portarono, nel quartiere di Montigu, dove abitava una donna, di cui non ricordo più il nome, che praticava “sa mexia de s’ogu liau”. Entrati nella cucina, fece allontanare le figlie che svolgevano le faccende domestiche, quindi prese un bicchiere e vi versò dell’acqua che disse prelevata dall’acquasantiera della chiesa, ripeté per tre volte la formula “ deu acqua ti battiu in nomini de Deus e de Santu Juanni Battista” (io acqua ti battezzo in nome di Dio e San Giovanni Battista) tracciando continue croci nell’aria, sul bicchiere d’acqua e su di me. Nel mentre sui chicchi di grano si depositarono delle bollicine e questo era segno della presenza del malocchio, per cui mi fecero bere l’acqua. Guardando i chicchi di grano: disse “ A su piccioccheddu ddadi gettau ogu uña femmina chi non teñidi fillu” (al ragazzo gli ha fatto il malocchio una donna che non ha figli). Non ricordo nessun cambiamento se non dopo la visita e delle cure prescrittemi dell’allora medico condotto dr. Armando Corona. S’assichidu – Spavento Lo spavento era credenza che potesse essere allontanato in due modi, sia attraverso “imbruscinadura” sia con “is affumentus” Da ragazzini ci recavamo spesso a “su ponte de Tintinnau” (ponte di Tintinnau) a “giogai a cullu tira tira” ( a giocare a scivolare sul fondo dei pantaloni). Il gioco consisteva nello scivolare lungo la scarpa del ponte poggiando il fondo dei pantaloni sulla liscia pietra di rivestimento, quest’operazione veniva ripetuta più volte e spesso il fondo dei pantaloni si bucava. Un giorno caddi rovinosamente durante il gioco e rientrai a casa completamente sporco, con le ginocchia, gomiti, guance, completamente sbucciate. “Pariu un proceddeddu fattu in sanguni” (sembravo un maialino macellato immerso ne sangue). Quando mi videro sostennero che mi ero sicuramente spaventato, in effetti avevano ragione ma lo spavento era quello di non prendere le botte, che meno male non arrivarono. La notte non chiusi occhio per il dolore delle ferite, ero tutto un gonfiore. Quando all’indomani le comari del vicinato mi videro: “ a su piccioccheddu toccada du ibruscinai” (al ragazzino bisogna praticarli in rito de s’imbruscinadura) , mi portarono nel luogo dell’incidente ad eseguire il rito “de s’imbruscinadura”. Mi fecero rotolare per tre volte a formare una sorta di croce recitando il Credo ed una formula che ricordo ancora : chi esti umbra de bìu, nci torridi de innui nd'esti bessiu; chi esti umbra de mottu, nci torridi innùi fuidi attottu. (se è ombra di vivo, ritorni da dove è uscito; se è ombra di morto, ritorni dov'era). Il medico in quei giorni non venne, la condotta era costituita da Asuni, Nureci, S.Antonio Ruinas (oggi Villa Sant’Antonio), Assolo e la sede di residenza Senis, per cui il medico a rotazione si recava ogni giorno in un paese diverso, salvo per casi urgenti. Il mio gonfiore non diminuiva e quindi altro conciliabolo di comari, e via dalla signora di Montigu a farmi “s’affumentu”. La “coga” prese una tegola vi depositò della brace prelevata dal camino vi versò una foglia di palma benedetta, e dei fiori prelevati dalla processione del Venerdì Santo, quindi mi misero un asciugamano in testa, in ginocchio, mi fecero respirare il fumo che proveniva dalla tegola, mentre la “coga” recitava sottovoce “is rebus”: chi esti umbra de bìu, nci torridi de innui nd'esti bessiu; chi esti umbra de mottu, nci torridi innùi fuidi attottu. (se è ombra di vivo, ritorni da dove è uscito; se è ombra di morto, ritorni dov'era). Siccome questo trattamento lo ripeterono per tre giorni consecutivi, sempre all’ora dell’incidente, al terzo giorno il gonfiore era sparito naturalmente e anche perché si erano formate le croste sulle ferite.
Timoria dei lampus – Paura dei fulmini Mia nonna mi raccomandava, che qualora fossi stato sorpreso in campagna da un temporale, con “lampus” (fulmini) e “troñus” (tuoni), di recitare continuamente la seguente preghiera fin quando non avessi trovato un riparo sicuro, ma mai sotto una pianta anche se cava : Santa Barbara e Santu Jaccu Santa Barbara e San Giacomo Osu potais is crais de lampu Voi avete le chiavi dei lampi Osu potais is crais de celu Voi avete le chiavi del cielo Non toccheis fillu allenu Non toccate figlio d’altri Ne in domu ne in su sattu. Ne in casa ne in campagna Quando capitava che il temporale mi sorprendesse a casa di nonna, ricordo che mentre filava la lana in compagnia di qualche vicina, recitavano “is paraulas mannas”, le dodici parole di San Martino che fanno parte di un lungo rito composto da più “brebus” preghere. Chi ses Martinu de paraualas bonas naramindi una. unu est Su solli ki luxi prus de sa luna. candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in nomini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de paraulas bonas naramindi duas. Duas funt iis duas taulas de Mosei; unu est Su solli ki luxi prus de sa luna. candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in nomini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de paraulas bonas naramindi tres. Tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Mosei; unu est Su solli ki luxi prus de sa luna .candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in nomini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de paraulas bonas naramindi quattru. Quattru funti is quattru Evangelistas, tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Moisei; unu est Su solli ki luxi prus de sa luna. candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in momini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de paraulas bonas naramindi cinqu. Cinqu funti is cincu liagas, quattru funti is evangelistas. tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Mosei, unu est Su solli ki luxi prus de sa luna. candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in nomini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de paraulas bonas naramindi sesi. Sesi funti is ses cerus ki hanti allutu in Galilea, po sa notti e po sa dì, cincu funti is cinqu liagas quattru funti is evangelistas, tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Mosei; unu est Su solli ki luxi prus de sa luna. candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in momini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de paraulas bonas naramindi setti. Setti funti is setti donus, sesi funti is ses cerus ki hanti allutu in Galilea, po sa notti e po sa dì. cinqu funti is cinqu liagas, quattru funti is evangelistas, tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Moisei, unu est Su solli ki luxi prus de sa luna. candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in momini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de paraulas bonas naramindi ottu. Ottu funti is ottu corus de is angelus. Setti funti is setti donus. Sesi funti is ses cerus ki hanti allutu in Galilea, po sa notti e po sa dì, cinqu funti is cinqu liagas, quattru funti is evangelistas, tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Mosei, unu est Su solli ki luxi prus de sa luna candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in momini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de parolas bonas naramindi i noi. Noi funti is noi paramentus. Ottu funti is ottu corusde is angelus. Setti funti is setti donus. Sesi funti is ses ceus ki hanti allutu in Galilea, po sa notti e po sa d, cinqu funti is cinqu liagas, quattru funti is evangelistas, tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Mosei, unu est Su solli ki luxi prus de sa luna. candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in nomini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de parolas bonas naramindi i dexi. Dexi funti i dexi cumandamentus, Noi funti is noi paramentus. Ottu funti is ottu corus de is angelus. Setti funti is setti donus. Sesi funti is ses cerus ki hanti allutu in Galilea, po sa notti e po sa dì, cinqu funti is cinqu liagas, quattru funti is evangelistas, tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Mosei, unu est Su solli ki luxi prus de sa luna; candu Gesùs Christu est callau a pè in terra in s'ortu de Gerusalemme, in nomini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de parolas bonas naramindi undixi. Undixi funti is undiximila virginis. Dexi funti i dexi cumandamentus, noi funti is noi paramentus, ottu funti is ottu corus de is angelus, setti funti is setti donus, Sesi funti is ses cerus ki hanti allutu in Galilea, po sa notti e po sa dì. cinqu funti is cinqu liagas, quattru funti is evangelistas, tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Mosei, unu est Su solli ki luxi prus de sa luna, candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in nomini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de parolas bonas naramindi i doxi. Doxi funti i doxi apostulus, undixi funti is undiximila virginia, dexi funti i dexi cumandamentus. Noi funti is noi paramentuss, ottu funti is ottu corus de is angelus,. setti funti is setti donus, sesi funti is ses cerus ki hanti allutu in Galilea, po sa notti e po sa dì, cinqu funti is cinqu liagas, qattru funti is evangelistas, tres funti is tres Marias, duas funti is duas taulas de Mosei; unu est Su solli ki luxi prus de sa luna, candu Gesùs Christu est callau a pèi in terra in s'ortu de Gerusalemme, in nomini de su babbu, de su fillu, de su spiridu santu. Amen. Chi ses Martinu de parolas bonas naramindi trexi. Trexi non est ne luxi ne lèi, deximila passus sprufundau foras de mei in su mari, sprufundau chi no ti torrit a bi cristianu mai. Chi sei Martino dalla buone parole dimmene una. Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene due. Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene tre.. Tre sono le Tre Marie Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene quattro. Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole è lucente più della luna Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene cinque Cinque sono le cinque piaghe Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene sei. Sei sono i sei ceri che hanno acceso in Galilea per la notte e per il giorno. Cinque sono le cinque piaghe Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene sette. Sette sono i sette doni. Sei sono i sei ceri che hanno acceso in Galilea per la notte e per il giorno. Cinque sono le cinque piaghe Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene otto. Otto sono gli otto cori degli angeli. Sette sono i sette doni. Sei sono i sei ceri che hanno acceso in Galilea per la notte e per il giorno. Cinque sono le cinque piaghe Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene nove. Nove sono i nove paramenti, Otto sono gli otto cori degli angeli. Sette sono i sette doni. Sei sono i sei ceri che hanno acceso in Galilea per la notte e per il giorno. Cinque sono le cinque piaghe Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene dieci. Dieci sono i dieci comandamenti. Nove sono i nove paramenti, Otto sono gli otto cori degli angeli. Sette sono i sette doni. Sei sono i sei ceri che hanno acceso in Galilea per la notte e per il giorno. Cinque sono le cinque piaghe Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene undici. Undici sono le undicimila vergini, Dieci sono i dieci comandamenti. Nove sono i nove paramenti, Otto sono gli otto cori degli angeli. Sette sono i sette doni. Sei sono i sei ceri che hanno acceso in Galilea per la notte e per il giorno. Cinque sono le cinque piaghe Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene dodici. Dodici sono i dodici appostoli, Undici sono le undicimila vergini, Dieci sono i dieci comandamenti. Nove sono i nove paramenti, Otto sono gli otto cori degli angeli. Sette sono i sette doni. Sei sono i sei ceri che hanno acceso in Galilea per la notte e per il giorno. Cinque sono le cinque piaghe Quattro sono i quattro Evangelisti. Tre sono le Tre Marie, Due sono le tavole di Mosè, Una come il sole che è lucente più della luna. Quando Gesù Cristo è sceso in terra nell’orto di Gerusalemme, in nome del Babbo, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen Chi sei Martino dalla buone parole dimmene tredici. Tredici non e né luce né legge, diecimila passi sprofondato lontano da me nel mare. Sprofondato che non possano mai vedere cristiano
S’Ammuntadori – Paura, incubo notturno Era credenza che la notte si incontrassero le anime dei morti, ma oltre ad esse si poteva incontrare “S’ammuntadori”, che è una cosa indescrivibile, che non ha ne anima ne corpo, che ti opprime il petto, che ti toglie il respiro, che ti toglie la voce, che ti avvolge e non ti lascia andare, che vorresti scappare e correre e resti inchiodato, che ti tiene immobile. E’ l’incubo. S’accabadora Tra i racconti di tzia Michella, un personaggio che mi aveva colpito era la figura de “S’accabadora”. “Sa femmina accabadora”, era una donna del paese di particolare coraggio, forza e di grande moralità, che veniva chiamata al capezzale dei moribondi che erano da giorni agonizzanti e per i quali non vi era nulla da sperare. Essa aiutava i moribondi al trapasso mediante il soffocamento con un cuscino premuto sul viso oppure percuotendoli sul capo con un “matzuccu de ollastu o arradelli” (randello), essa arrivava la notte, vestita di nero e a viso coperto. Faceva allontanare i parenti e quindi procedeva a compiere il proprio mandato; ultimatolo, silenziosamente e senza chiedere compenso alcuno si allontanava. Questa figura era avversata dalla chiesa e punita dalle autorità, ciò non di meno pare abbiano svolto la loro attività fino a metà del secolo scorso. S’Attitadora – Prefica S’attitadora era una donna, generalmente anziana, che appena veniva a sapere che era morto qualcuno si recava a casa del defunto e da sola o in compagna di altre attidadoras o parenti, cantava is attitus per esprimere il dolore per la persona morta. Con is attitus si ricordavano e lodavano le buone azioni ed i comportamenti positivi della vita del defunto, i sacrifici e le privazioni affrontate durante la vita. Is attitus erano generalmente improvvisati, ma qualche volta si cantavano attitus già eseguiti altre volte ma che si adattavano all’occasione. Il canto era accompagnato dal movimento delle braccia che venivano sollevate in alto e fatte ricadere sulle ginocchia o sulla bara per esprimere il dolore. Alcuni attitus erano molto belli altri erano sciocchi e senza senso. Particolarmente toccanti erano is attitus quando moriva un giovane. Una delle ultime prefiche ”attidadora” che ho visto in azione, era Tzia Maria Pipia, donna piccolina, energica, grande lavoratrice, che aveva allevato la famiglia da sola in quanto il marito era morto lasciandole quattro figli in tenera età. Su carru de is mortus – Il carro dei morti Si credeva che ogni giovedì notte per le vie del paese passasse su carru de is mortus, un carro trainato da due possenti buoi carico di morti, che caricava chiunque incontrasse per strada. Molte vecchie dicevano di aver più volte udito, il giovedì notte, una confusione nella strada dovuta allo sferragliare di catene e allo scricchiolio provocato dalle ruote del carro. Le anime dei morti non sono tutte cattive esistono anche “is animas bonas” (anime buone), queste si possono palesare con le persone che hanno voluto bene, è possibile vederle e parlarci attraverso i sogni. Si narrava, in paese, che in una casa dove abitavano due vecchi ogni notte “is animas” (le anime) mettessero a soqquadro mobili e le suppellettili.
3 – Animali della mitologia popolare Nelle fredde serate d’inverno a casa si cenava intorno alle diciotto, finita la cena ci si sedeva vicino al camino. Il camino era abbastanza ampio tanto che noi piccoli sedevamo all’interno lateralmente in “is scannisceddus” (sgabellini) mentre gli adulti sedevano all’esterno su “is scannus” Per passare l’ora, fino ad andare a letto, ci intrattenevano con “istorias o“contus de forredda” (favole) che venivano inventate dal narratore ma che comunque si basavano su fatti della tradizione popolare. Particolarmente brava a raccontare le “istorias o“contus de forredda” (favole), era una vecchia, tzia Michella, che abitava vicino a noi, tanto da esser contesa dai piccoli del vicinato. Quasi tutte le sere veniva a casa dopo cena, viveva da sola, era vedova, e quindi passava alcune ore in nostra compagnia ad intrattenerci con le favole. Privilegiava articolare i suoi racconti tessendo la fiaba intorno agli animali mitici della credenza popolare : “Muska Maccedda”, “Arxia fiuda o bagadia”, “Espi Forra(n)ia”, “Sa Stria”, “Su colluro pillonaxriu”. Muska Maccedda – Mosca mitologica Raccontava, tzia Michella, che il Castello di Medusa in antichità fosse abitato de “su Rei Origas de Molenti, (Re orecchie d’asino), che fosse molto potente e ricco, che possedesse ingenti quantità di pietre preziose, oggetti d’oro e d’argento, racchiuse in identiche grandi casse di legno e ferro. Il re per proteggere il suo tesoro riempì, una delle casse, di muska maccedda e la confuse con le altre. Se qualcuno avesse portato via il tesoro ed avesse aperto la cassa contenente lo sciame della “muska maccedda”, lo sciame avrebbe distrutto il paese ed ammazzato tutti gli abitanti. Per cui non saremmo mai dovuti andare alla ricerca del tesoro e se ci fossimo imbattuti casualmente nel tesoro de “su rei origas de molenti” (Re orecchie d’asino) non bisognava toccarlo per il pericolo di liberare “sa muka maccedda” che era grande come una pecora, aveva ali enormi ed un pungiglione che con una sola puntura ammazzava qualsiasi essere vivente.. S’Arxia o Arxiara – Ragno o Tarantola (vedova nera) S’arxia è un insetto velenoso somigliante al ragno, di colore nero o bianco, che a differenza del ragno ha il nido sotto terra in zone erbose. E’ l’unico animale velenoso presente in Sardegna e su tale insetto la credenza popolare ha fantasticato ed escogitato antidoti che variano nelle diverse zone dell’isola. Secondo la credenza popolare quelle bianche sono le “bagadias” (nubili), quelle nere sono le “fiudas” (vedove). Il morso dell’insetto causava un malessere tale da far cadere in delirio per tre o quattro giorni; in tale periodo l’ammalato a causa dello stato delirante avanza strane richieste in base alle quali si poteva risalire a tipo di “arxia” che l’aveva pizzicato. Se chiedeva di essere vestito di banco, o se chiedeva un suonatore ed una ragazza per ballare, sicuramente era stato morso da una “arxia bagadia”,allora si vestiva l’infermo di bianco, si chiamava un suonatore e delle ragazze che ballavano. Se invece l’infermo chiedeva di essere vestito di nero o piangeva a mo di “attitu” “canto eseguito dalle donne “attitadoras” in presenza del morto”, ciò era segno che era stato morso da una “arxia fiuda”, allora si chiamavano “is attitadoras” che eseguivano il rituale. “Sa Stria” – Il Barbagianni “Sa stria” (barabaguanni), sempre secondo i racconti di tzia Michella, era un’ambasciatrice di morte e di disgrazia, essa si posava sul cammino della casa dove da lì a poco sarebbe stata colpita da un lutto. Espi Forra(n)ia – Vespa muratora. “Espi Forra(n)ia” costruisce l’alveare interrato, forma una numerosa comunità, particolarmente agguerrita. Ricordo che ne esisteva una comunità in “s’aziada de Santu Juanni” che nonostante tentassero di eliminarle accendendo dei fuochi all’imboccatura dell’alveare, perché pericolose nel periodo caldo, non riuscivano ad eliminarle. Penso che le abbiano eliminate quando hanno eseguito i lavori di allargamento della sede viaria. Era credenza popolare che se si venisse pizzicati da cento vespe si sarebbe morti, per cui si passava alla larga dal rumoroso alveare delle vespe. Su colloru pillonaxriu – Biacco di colore nero Nel periodo estivo “in su mesi de treullas”, (mese della mietitura - luglio), le mogli accompagnavano i mariti nel lavoro di mietitura svolgendo l’attività di “spigadoras” (spigolatrici), cioè raccoglievano quelle poche spighe che sfuggivano al mietitore. Spesso portavano appresso bambini da allattare, che venivano lasciati all’ombra di un albero in un cesto. Essi venivano sorvegliati continuamente da un ragazzino perché si aveva paura che “Su colloru pillonaxriu” (la biscia) attirata dall’odore del latte emanato dal bambino tentasse di infilarsi in bocca e lo soffocasse. Quando andavamo a cercare gli uccellini nei nidi, subito dopo la schiusa delle uova, spesso trovavamo un uovo non schiuso, era credenza che esso fosse per “Su colloru pillonaxriu “ (la biscia) affinché non si mangiasse gli uccelletti indifesi. Le bisce erano di colore scuro, si trovavano in prossimità di fonti o di abbeveratoi, spesso si vedevano in copia e se venivano disturbate molte volte attaccavano dando colpi di frusta con la coda. Anche su di loro si imbastivano favole e “contus de forredda”. 4 – Filastrocche In particolar modo durante le serate invernali, i genitori tenendo i bambini sulle ginocchia cantavano e recitavano le filastrocche. Prendendo la mano del bambino si indicava ogni dito della mano : Kustu è su procu (Pollice) questo è il maiale Kustu dd’ mortu (Indice) questo l’ammazzato Kustu ddadi abbruschiau (Medio) questo l’abbrustolito Kustu si dda pappau (Anulare) questo l’ha mangiato Kustu mancu un inconeddu (Mignolo) a questo neanche un pezzettino Ca ddadi iscoviau perché ha fatto la spia Tenendo il bambino sulle ginocchia : 1° Maria Luisa Maria Luisa Maria Luisa Maria Luisa tottu sa notti tutta la notte baddendi in camisa ballando in camicia tottu sa notti tutta la notte addendi in gippoñi ballando in gilet Maria Luisa Maria Luisa pittiri doi pittiri doi 2° Duru duru duru Duru duru duru duru duru dai duru duru dai sa pipia nosta la nostra bambina non si moxra mai non muoia mai mellus ki si moxra meglio che muoia bacca cun vitella vacca con vitella ka sa vitella si dd’eus a pappai che la vitella la mangeremmo a sa pipia dd’eus a koiai la bambina la mariteremo kun du fillu de arriccu con un figlio di ricco kun issu, kun issu ka teñi dinai con esso con esso che ha denaro kun issu, kun issu ka teñi moneda con esso con esso che ha moneta e dd’eus a fai crappitas de seda e le faremmo scarpe di seta e gippoñi de arroba de valori meda e gilet di stoffa preziosa duru duru duru duru duru duru duru duru dai duru duru dai 3° Mamaiolla mamaiolla Coccinella Coccinella bai a Kasteddu solla solla vai a Cagliari sola sola bettimì un aneddu portami un anello un aneddu po’ isposai un anello per sposarmi kun ki m’appu a koiai con chi mi sposerò kun su fillu de un arriccu con un figlio di ricco ma ki potada denti de procu ma che ha denti di maiale ma ki potada denti de cañi ma che ha denti di cane mamaiolla, mamaiolla pesadi a bollai coccinella, coccinella vola via 4° Annixedda, Annixedda Annetta, Annetta Soña, soña sa campanedda suona, suona la campanella Sonadda a forti a forti suonala forte forte Ka s’intendidi in corti che si senta in periferia In corti de Ortueri in periferia di Ortueri Bella mia pivieri mia bella pivieri Bella mia incarnada mia bella incarnata ai nui ses andada dove sei andata a fai de regina a fare la regina regina e corpu santu regina di corpus domini ka s’intendidi un prantu perché si sente un santo un prantu de dolori un pianto di dolore ka è mortu su Signori che è morto Gesù Cristo è mortu e interrau è morto e sepolto e uña litteredda ki m’anti mandau e una letterina che mi hanno invito e uña litteredda beñ’iscritta e una letterina ben scritta su soñu de sa trumbitta il suono della trombetta su soñu de is cadeñas il suono delle catene tres Ave Maria Gratzias Prenas tre Ave Maria Grazia Plena Fortunato Loi
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