
Sintesi degli aspetti geologici del territorio Asunese, frammisti a ricordi di vecchia data |
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Scritto da Arturo Maullu |
Venerdì 31 Luglio 2009 21:46 |
LA TRACHITE La morfologia del territorio Asunese è variegata come la composizione delle sue rocce. Per descriverla, nelle pagine seguenti ripescherò, dai ricordi di gioventù, i più evidenti aspetti geologici e l’utilizzo delle rocce locali come materie prime. Il metodo utilizzato forse è poco ortodosso dal punto di vista scientifico, tuttavia penso che sia utile per conoscere i principali aspetti geologici di un territorio e per capire come la geologia incida sullo sviluppo sociale ed economico dello stesso. Il basamento su cui è costruito il paese è costituito soprattutto da tufo e trachiti (rocce di origine vulcanica) che si estendono verso nord attraversando Santu Juanni, Pranu Narbonis e Spiluncata fino ai confini comunali del Rio Imbessu. Verso sud-ovest e nord-ovest si alternano rocce trachitiche, anche di buona qualità per utilizzi industriali, e tufiti. Le rocce estratte nella cava attualmente in attività ai confini con Nureci, sono costituite in massima parte da trachite tufacea verde giallastra e grigio rossastra. Alla base degli strati tufacei e trachitici sono presenti anche interessanti inclusioni fossili, evidenza dei disastri dovuti alle esplosioni degli antichi vulcani che dominavano la zona in passato. Le rocce delle vecchie cave abbandonate di Tintinnau e Funtana Margiani, invece, sono costituite da trachite tufacea grigiastra con inclusioni di cristallini di silicati (plagioclasi, pirosseni e miche). Un’altra qualità di tufo grigio/biancastro, meno pregiato, è quello presente da Carupiscidu a Is Argiolas dove negli anni 70/80 la famiglia Petza tentò di avviare, senza successo, un’attività estrattiva. Putroppo, pare che questa roccia contenesse numerosi noduli silicatici e porosità che ne deterioravano l’aspetto estetico e la lavorabilità. Infatti, pare che i noduli stessi deteriorassero rapidamente i dischi diamantati rendendo antieconomica l’impresa, tant’è che l’estrazione cessò dopo appena pochi anni. In buona sostanza si può dire che Asuni, oltre che essere stata edificata sulla trachite, è anche fatta con la trachite, almeno fino all’avvento dei blocchetti di cemento pressato, prodotti anche in situ dalla famiglia di Giovanni Foddis nella quale lavoravano tutti, figli e figlie comprese. Nelle cave di Tintinnau-Funtana Margiani l’estrazione del materiale avveniva con metodi empirici, ricordo che i buchi per l’introduzione della polvere da mina venivano fatti a mano, utilizzando ferri da mina fatti ruotare mentre venivano battuti con grandi mazzuoli. Questo arcaico sistema permetteva, comunque, di eseguire fori profondi anche alcuni metri. Data la profondità, la polvere di roccia prodotta veniva estratta con un lungo cucchiaio metallico, prima di introdurre la polvere da sparo che veniva fatta esplodere innescando una lunga miccia nera catramosa. I grandi blocchi così estratti venivano successivamente sgrossati tramite punteruoli e mazze. Le parti ottenute venivano in seguito, lavorate di fino con scalpello e mazzuolo per ottenerne delle pietre di pregio oppure, lavorandone solo una faccia, si ottenevano le pietre faccia a vista utilizzate in edilizia (esterno dei muri delle case). Le pietre così ottenute, poi, venivano messe in opera, in molti casi, non con malta di calce o cemento, ma con fango crudo ottenuto da terra di origine vegetale setacciata, che generalmente veniva raccolta nella zona di Is Argiolas. Questa tradizione affonda le sue radici addirittura nella civiltà nuragica, dato che sempre in trachite sono costruiti sia il villaggio nuragico di Santu Juanni che quello di Nuraci de Oru. Infine, un’altra tipologia di costruzioni create in epoca preistorica non “con” la trachite ma “nella” trachite o nel tufo, sono le numerose domus de janas disseminate nel territorio Asunese, come quelle di Carupiscidu , Riu trottu, Geradda, Is Argiolas, Budraga, Pedrafà e altre. Tutte insieme costituiscono un patrimonio archeologico immenso ed ancora in massima parte da valorizzare, sull’esempio di quanto già è stato fatto nel sito di Budraga.
TERRA CRUDA E ARGILLA Il tipo di terra di Is argiolas, era quello maggiormente utilizzato; esso veniva impastato con paglia e utilizzato, fino agli anni ‘50 nella pavimentazione in terra battuta delle nostre case, oltre che come malta per muratura. Per l’imbiancatura interna delle case più modeste si utilizzava argilla impastata proveniente dalle numerose cave di Laconi, mentre le case dei benestanti, all’epoca ben pochi, erano invece imbiancate con calce viva proveniente dai forni di calcina presenti nel territorio Asunese e dei quali parleremo più avanti quando tratteremo la parte geologica riguardante il calcare. Altro utilizzo, dimenticato ormai nel tempo è stato quello dell’argilla rossa presente soprattutto nella zona di Luxias che certamente è stato usato in epoca nuragica e fino al periodo tardo romano per la costruzione di anfore, urne cinerarie, lumini, statuine votive ed altri oggetti di uso comune. La struttura dell’impasto dei reperti presenti in varie parti del territorio Asunese, infatti, è assolutamente compatibile con la composizione del materiale ritrovato nel villaggo di Santu Juanni e negli altri siti .
GLI SCISTI SILURIANI Verso nord-est, a cominciare da Monte Molas, fino oltre il Fiume Mannu, sono presenti gli scisti siluriani. Questi riappaiono in modo tormentato a Muraxiolla, Baxiolla, Canalli, Etzara, Serra Luna ed infine a Ualla, fin oltre i confini di Su Stunnu. A questo particolare tipo di roccia non dedichiamo grande spazio perché non ha avuto un grande utilizzo. Infatti osserviamo che essa era utilizzata solo per la costruzione di muretti a secco nelle stesse zone in cui affiorava, trattandosi di un materiale leggero e friabile.
IL CALCARE Il calcare è presente sul lato est e nord-est degli scisti siluriani, a partire da Feurredu fino al confine del Mannu per proseguire verso Tuffu, Molinu de Susu e Su Forraxi, ma la più grande massa calcarea è quella di Ualla, dove il metamorfismo ha prodotto, oltre che le mineralizzazioni ricercate per l’estrazione di galena argentifera, anche marmi pregiati e pietre lavorabili come l’onice. In antichità, ma anche fino all’ultimo dopoguerra, questo calcare, soprattutto nella zona di Su Forraxi, veniva cotto negli appositi forni tutt’ora visibili e dei quali non sarebbe male cominciare ad ipotizzare un recupero come esempi di archeologia industriale. Per la produzione di calcina, il calcare, ridotto a pietre di piccola pezzatura, veniva introdotto in questi forni a torre (la cui forma ricorda quella dei nuraghi). Il forno veniva costruito sotto il livello del terreno al fine di mantenere più elevata la temperatura e quindi permettere il processo di calcinazione (disidratazione) del calcare. Il fuoco sottostante veniva alimentato tramite l’abbruciamento di legna e frasche colte sul posto. Nel cortile di ogni casa era presente “Sa forada de sa carcina”, una buca scavata nel terreno nella quale veniva versata la calce spenta e resa semisolida, e da cui si attingeva la calce, soprattutto per imbiancare le case, ma anche per usi agricoli o igienici. Un’altra attività estrattiva del calcare che in passato ha avuto una certa rilevanza economica nel territorio Asunese è quella della cava di marmo di Ualla. Purtroppo, anche a causa dell’imperizia dei cavatori, gli esplosivi furono utilizzati in modo improprio, danneggiando in modo irreparabile i massi estratti, impedendo la produzione di lastre di grandezza tale da permetterne il commercio. Per questo, negli anni ’60 cessò anche l’estrazione del marmo. Ricordo bene quei fatti in quanto il guardiano della cava era mio padre, ed io, quando la scuola era chiusa facevo compagnia a mio padre. Ricordo che spesso mi incamminavo la mattina presto passando da sa Scocca Manna giù verso Luxias, sa Scocchixedda, Molinu de Mesu e poi su verso Ualla fino al cantiere. Dopodiché la cava era “mia”. Naturalmente un guardiano come si deve dispone anche di un’arma, per cui nel magazzino, che consisteva in un capanno metallico all’interno del quale d’estate, con il sole a picco si raggiungevano tranquillamente i 50 gradi, c’era il vecchio calibro 16 a cani esterni di mio padre. All’epoca Ualla era il regno delle pernici, bastava avere pazienza, appostarsi alla sorgente sotto la cava ed in un solo colpo si riusciva a beccare anche cinque o sei pernici, senza contare le tortore o, nel tardo pomeriggio, i conigli alla “posta”. Certo che era un bel vivere ! Non è che poi si rimanesse sempre in solitudine, sul posto venivano a trovarmi gli amici e gli spuntini o le spedizioni al fiume non mancavano mai. Ma per rimanere sulla traccia degli aspetti geologici ricordo che proprio in quel periodo, con Efisio Dore e con suo cugino Totore Frongia di Samugheo, cominciammo l’esplorazione di tutte le grotte e delle cavità della zona, come Su Stampu de Muscioni, Sa Conca de su Bandidu. Visitammo anche altre cavità presenti nella rocca del Castello della Medusa e degli altri strapiombi rocciosi del versante opposto a Margini de Cavunas. Negli anni ‘50 e ‘60, soprattutto nella zona di Feurredu, invece, in superficie si cavavano pietrame o grossi massi, i quali, ridotti di dimensione, veniva inviato agli impianti di macinazione per la produzione di mattonelle. Era un lavoro spossante al quale partecipavano famiglie intere. Questi ammucchiavano le pietre di calcare nei luoghi in cui potevano avere accesso i camion (leoncini o tigrotti) e da lì caricava i cassoni a mano; ricordo che questo materiale spesso aveva i bordi taglienti come lame e all’epoca i guanti da carpentiere non c’erano mica. Era un lavoro pesantissimo, lo dico con cognizione di causa, in quanto d’estate, o di pomeriggio dopo la scuola, anche io assieme a coetanei o anche altri più grandicelli ci procuravamo qualche soldo facendo questo lavoro. In genere il gruppo era composto da quattro persone (pure la carriola era un lusso che non potevamo permetterci) che si passava il materiale estratto di mano in mano per decine di metri prima di raggiungere il punto in cui poteva essere ammucchiato per caricare il camion. Se non ricordo male io ero il più piccolo del gruppo; ero chiamato Oski (perché appassionato lettore di Pugacioff) ed ero molto interessato alla lettura dei giornalini più che a cavare pietre. Di questo gruppo facevano parte anche Nino Sarai detto Peppi Zucca, mio compagno di scuola , buonanima, grande filosofo ma poco amico del piccone; Domenico Melis , detto Mecurru, che poverino già allora era mingherlino (pariada ca ‘nciddu tirada su bentu) e poco poteva fare sia col piccone che con la mazza; per ultimo, l’unico vero grande lavoratore del gruppo era Nino Pala, detto Bruxettu, anche lui purtroppo passato a miglior vita, che si ammazzava di fatica per tutti noi, per cui in una settimana, se non andavamo troppe volte a divertirci al fiume, riuscivamo a caricare il leoncino di Antonio Sarai o il tigrotto di Pietrino Porru e potevamo finalmente incassare cinque o seimila lire da dividere equamente in quattro.
ARENARIA L’unico punto in cui ho individuato una roccia arenaria fine, certamente di origine sedimentaria recente, un tempo utilizzata per la costruzione di ruote per affilare coltelli, scuri, roncole etc. è localizzato alla sommità di Montigu nel versante che dà verso la strada di Samugheo.
GRANITI Così come l’unico punto in cui è presente il granito, per altro molto deteriorato, è nel rilievo su cui insiste un insediamento nuragico denominato Su Casteddu de Senis costruito anche esso con grossi massi granitici (tra i pochi in Sardegna).
I FOSSILI I massimi indicatori geologici sono i fossili, la loro presenza nel territorio Asunese, è localizzata soprattutto nelle rocce sedimentarie mioceniche di Pixina pardu, Turredda e fino ai confini comunali con Senis e Villa S. Antonio nel lato sinistro della strada che da Asuni va ad Ales. Per quanto riguarda la presenza di fossili interessanti, come detto in precedenza, sono presenti su buona parte dei terreni miocenici, a partire già da Pranu Murdegu dove durante i lavori di scavo della nuova rete idrica dall’invaso di Is Barrocus sono venuti alla luce numerose parti di tronchi fossilizzati, parzialmente silicizzati, probabilmente appartenenti alla famiglia delle equisetali; andando verso Pixina Pardu e Turredda sono presenti anche molte varietà di molluschi bivalvi, turritelle, echinidi, ficus, coralli e vegetali, soprattutto pigne, frutti di cicladacee e parti di tronchi di specie botaniche arcaiche in massima parte ormai estinte. Non sono stati trovati reperti fossili né entro i calcari né negli scisti; tuttavia sono state trovate alcune brecce ossifere nei dirupi calcarei, forse pleistoceniche, contenenti parti di prede dei rapaci, in particolare piccoli roditori come il prolagus sardus. Sono poi presenti dei travertini fossiliferi nella zona di Margini de Cavunas, in vicinanza delle sorgenti, dove il calcare rilasciato dall’acqua sorgiva ha inglobato parti di rami, foglie e lumache. Questo grazie all’alto contenuto di calcare presente nell’acqua di queste sorgenti.
QUARZO GEOLOGIA E ARCHEO-ASTRONOMIA Altra località di interesse geologico per la sua particolarità è la vallata ricompresa tra i rilievi di Serra Luna ed Etzara che a mio avviso è composta da sedimenti alluvionali risalenti al quaternario, il che spiegherebbe l’insolita presenza di ciottoli e massi erratici di quarzo, anche di grandi dimensioni, dalla forma vagamente arrotondata. Alcuni di questi grossi massi quarzosi bianchi venati di schisto nero o grigio, sono presenti anche in località Circuittus e sono disposti in modo tale da convincere i ricercatori dell’Università di Cagliari ad attribuirgli la funzione di “osservatorio astronomico”. Su questa struttura megalitica, risalente ad epoca nuragica, se non addirittura ad una civiltà pre-nuragica, denominata dagli studiosi, la “Stonenge Sarda” sono state prodotte varie pubblicazioni scientifiche che dimostrerebbero la validità di questa tesi.
MINERALI Un aspetto geologico non secondario è quello legato alle mineralizzazioni che come da regola, anche nel territorio Asunese è avvenuta nelle zone di contatto, soprattutto tra gli scisti paleozoici ed il calcare, come nel caso delle miniere di Ualla, di Pixina Porcus e di Monte molas - Rio Murtas. Mi riservo, in un prossimo numero, di approfondire questa parte, così interessante anche per la nostra storia forse già fin dall’antichità. Nella miniera di Ualla, la più vecchia delle concessioni minerarie locali, si estraevano barite e fluorite presenti in filoni massivi. Accompagnati questi minerali si trovavano quantità, talvolta interessanti, di ossidi di manganese, e pirite. Questa miniera ha cessato l’attività estrattiva con una coltivazione a cielo aperto alla fine degli anni ‘50, anche a seguito di gravi incidenti occorsi a diversi lavatori del posto. Nella miniera di Pixina Porcus si lavorava in galleria, estraendo esclusivamente il minerale di fluorite. I cantieri erano stati impostati su diversi livelli al fine di seguire il filone principale dove il minerale era presente in forma massiva e raramente in piccoli cristalli. Anche questa miniera cessò l’attività estrattiva negli anni ‘60 a seguito di un grave incidente che costò la vita ad un lavoratore di Asuni, il minatore fuochista Basilio Puddu, dilaniato dall’esplosione anticipata della dinamite, nella preparazione di una volata. Sempre nello stesso incidente, anche un altro operaio, Mario Sarai, rimase gravemente ferito. Nella miniera di Monte Molas - Rio Murtas, invece, si estraeva della buona galena (minerale di piombo) argentifera, che si trovava entro il quarzo e scarsa fluorite, entro filoncelli di non grande spessore. Anche questa miniera cessò l’attività negli anni ‘60 con una coltivazione a cielo aperto ed enormi sbancamenti che hanno prodotto notevoli danni ambientali, ancora oggi ben visibili.
AGATA Un’altra varietà di minerale presente, anche se in misura ridotta, nel territorio Asunese è l’agata, una varietà molto dura di calcedonio (biossido di silicio microcristallino) che nel neolitico era utilizzata come valido sostituto dell’ossidiana nella fabbricazione di utensili, come punte di freccia e di lancia, di raschiatoi etc… In epoca più recente, data la sua durezza, veniva utilizzata come fulcro delle stadere. La presenza di questo minerale è localizzata in un unico filoncino che affiora a partire da Ortinconi per arrivare fino Circaingias, anche in conseguenza di lavori agricoli (aratura o piccoli scavi). Questa varietà di agata è molto bella anche dal punto di vista estetico (lo confermano diversi campioni trovati da me), tanto da poter essere utilizzata anche nella creazione di gioielli semipreziosi.
Arturo Maullu |
