Si era alla fine di gennaio, lo stagno a ridosso della città offriva pascolo e sicurezza ma i germani, sia i maschi che le femmine, erano sempre più irrequieti. Soprattutto il mattino presto al rientro dai pascoli nei corsi d’acqua dell’interno, e all’imbrunire, prima della partenza, una smania giocosa prendeva tutti in modo irrefrenabile che li portava quasi a competere con le mirabili acrobazie aeree delle grandi nuvole di stornelli. La primavera era alle porte, incominciava la stagione degli amori e lo spazio pur enorme dello stagno non era più sufficiente a contenere le loro evoluzioni aeree ed il loro insistente starnazzare alla ricerca di una compagna o di un compagno. Ormai quasi ogni giorno al rientro c’era qualche coppia in meno, nel popolo delle anitre correva voce che non tutte le coppie che non tornavano allo stagno lo facessero per libera scelta, si diceva che nelle campagne infinite e nei corsi d’acqua limpida delle montagne, dove si dirigevano per il pascolo o per la nidificazione, ci fosse un nemico ben peggiore dei cani randagi o del falco sempre in agguato e pronti a punire chi era poco vigile. Un bel giorno di quel fine gennaio il nostro germano reale, grazie alla sua stupenda livrea e alle incredibili acrobazie aeree riuscì anche lui a conquistarsi una compagna, meno vistosa di lui ma altrettanto abile nel volo, li accomunava un forte vincolo e la ferrea volontà di crearsi una propria famiglia in un luogo tranquillo. Quella gelida sera di luna piena non s’involarono verso il solito luogo di pastura ma decisero che sarebbero partiti alla ricerca del luogo in cui costruire il proprio nido. Percorsero molti chilometri verso nord sorvolando il corso d’acqua dolce che alimentava lo stagno, ed ancora oltre, infine a ridosso delle montagne trovarono un’ansa dove lo scorrere tranquillo del fiume e le tante piante acquatiche che lo circondavano con le fronde basse sull’acqua convinsero la coppia a fermarvisi. Avevano tanti progetti, in primo luogo avrebbero dovuto individuare un punto sicuro dove fare il nido che comunque doveva essere il più vicino possibile all’acqua in modo da garantire sempre una rapida fuga ai piccoli. Ma a questo avrebbero pensato la sera dopo ora dovevano riposarsi, mangiare e magari giocare insieme nella placida piscina che l’ansa del fiume formava in quel punto. Era ormai l’alba, a differenza del loro stagno, sul fiume regnava un grande silenzio rotto solo dal gracchiare nervoso delle gallinelle d’acqua e da qualche altro raro canto a loro sconosciuto. Improvvisamente, mentre ispezionavano le sponde del fiume, un cane cercò di sorprenderli alle spalle, loro erano talmente abituati ai randagi che infestavano lo stagno e non si lasciarono sorprendere. Ma non era un randagio, era un cane da caccia il cui compito consisteva solo nello stanarle, s’involarono rapidamente ma due colpi secchi consecutivi misero fine alla loro breve vita ed ai sogni di una famiglia da allevare nella quiete di quell’ansa di fiume, detta “sa piscina de s’arena”.
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