La festa di Sant'Antonio è stata macchiata nel 1915 da un omicidio, quello ai danni di Michele Tetti, padre di Mariannica Tetti; venne ucciso dal suo migliore amico per errore mentre si ballava con la sola luce del falò. La festa venne abbandonata per trent'anni e venne reintrodotta nel 1946 da Tziu Titti(n)u Macis, che fece una "promissa" al Santo, a cui si invocò per la guarigione di sua moglie, Tzia Fisiedda Caria. Nei nostri tempi, il sabato prossimo al 17 gennaio, gli uomini di Asuni vanno in campagna al taglio della legna. Una volta caricati i mezzi di trasporto con tronchi e frasche, ci si dirige al pranzo, organizzato da una squadra di cuochi amatori che preparano ottime pietanze tra le quali la tradizionale pecora in cappotto; il tutto è accompagnato dal vino, talvolta abbondante. Dopo il pranzo si fa il giro del paese con la legna, rito atteso da tutti i paesani. Non mancano le soste nelle migliori cantine del paese, che presentano ai taglialegna il vino novello. Finito il giro, si torna a lavoro per sistemare la legna nel punto in cui sarà acceso il fuoco. Negli ultimi anni si è soliti mettere un grosso tronco di roverella (sa tuva) al centro del falò,; questo viene acceso dopo la benedizione del parroco, intorno alle 18. La festa va avanti con balli e morra, conditi da bibite e dolci di ogni tipo, fino a notte fonda.
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